La pandemia ha imposto la chiusura dei teatri italiani, ma questo non ha impedito il debutto – al Festival Donizetti Opera 2020 – di ”Marino Faliero” diretto da Riccardo Frizza, con il progetto creativo firmato da Ricci/Forte, registi da qualche mese nominati alla direzione della Biennale Teatro di Venezia.
Giochi di potere, intrighi, tradimenti. In una Venezia cupa e spoglia, i personaggi sono vittima di una società falsa e superficiale: questa la scelta del regista, Stefanio Ricci, che ha rappresentato la scena come una grande gabbia nella platea del teatro.
Dopo qualche tempo di attesa, visti gli impegni con il Teatro Stabile del Veneto, Operafashion ha incontrato il costumista della produzione bergamasca: Gianluca Sbicca.

Come si è confrontato Gianluca Sbicca con un’opera di rarissima rappresentazione come “Marino Faliero” e con l’idea progettuale di Ricci/Forte?
Per la descrizione dei costumi realizzati per il “Marino Faliero”, partirei da queste note di regia: “Sul costume come arma mistificatrice. Gli orpelli, il trionfo di accessori, le stratificazioni cromatiche (da Pontormo a Gucci) e di texture (broccati, sete, ruches, volant, velluti) che trionfano l’appartenenza a un preciso ceto e comfort zone lasciano immaginare un plotone di ectoplasmi che ha smarrito il timone esistenziale e viaggia per le calli in attesa di interesse ed approvazione; la luce livida che rende questa Serenissima tridimensionale e babelica alla stregua di un dedalo pop-up interattivo ne coglie le sfumature visionarie, tra sarcasmo e pietà di loro, drappello di dead man walking condannati a non sfiorarsi, toccarsi, compenetrarsi, concedersi agli altri; è dunque l’Occhio l’organo che assurge a protagonista diventando il muscolo cardiaco di questo nuovo corpo distillato dalla pandemia e dalla sordità di un tempo che si corrompe.”
Quindi, definirei questi costumi “drammaturgici” e descrittivi di una società veneziana svuotata di significato e solo “apparenza” così vicina al nostro tempo e al mondo che ci circonda; costumi che diventano l’elemento predominante per la descrizione di questo mondo edonista inventato da Stefano e Gianni.
Quali sono state le sue fonti d’ispirazione?
Stilisticamente la “reference” predominante è stata quella di una moda assolutamente contemporanea, quella cioè immaginata da Alessandro Micheli per Gucci palesemente citato nelle silhouette e nell’utilizzo dei materiali, il più funzionale per raccontare questa società materialista e vuota votata all’accumulo e all’apparire. La Venezia trecentesca – dove è ambientata l’opera di Donizetti – invece è servita come ispirazione per la scelta dei colori e dei materiali: sete, broccati, jacquard, velluti, rossi verdi arancio turchesi…
Nell’ideazione dei costumi, come si è rapportato ai personaggi?
Al contrario di un normale spettacolo d’opera, in questo allestimento, non c’è una predominanza di “importanza” nei costumi rispetto ai ruoli e ai cantanti. I costumi dei performer, ad esempio, sono elaborati e lavorati tanto quanto (se non di più) quelli della “primadonna” (in questo caso la bellissima e bravissima Francesca Dotto) perché funzionali alla descrizione del mondo che volevamo evocare.
Ci potrebbe descrivere qualche costume?
La realizzazione dei costumi è stata fatta all’interno della sartoria del Piccolo teatro di Milano, capitanata da Roberta Mangano. Il Piccolo è un teatro con cui collaboro da moltissimi anni e che mi ha permesso di utilizzare lavorazioni, materiali e rifiniture impensabili per un allestimento d’opera.
I materiali utilizzati, poi, sono stati quelli dell’alta moda – ricercati tra i vari stocchisti e fornitori dell “high fashion” – mescolati con tessuti più “abbordabili” (visto il non troppo florido budget a disposizione) o addirittura realizzati per l’occasione.
Alcuni esempi: un pizzo gioiello di Valentino ad intarsiare una mantellina di velluto; una seta oro completamente ricamata colore su colore per un completo giacca pantalone; del pizzo dentelle ricamato a jais per una blusa da uomo o una gonna lunga; della lana in cachemire gessata per il cappotto di Faliero; jacquard di seta per il cappotto del primo costume indossato dalla protagonista femminile, Francesca Dotto.
Ancora, nel caso dell’abito “della festa in maschera” per Elena, una duchesse bianca stampata con un motivo floreale disegnato appositamente per questo costume dal bravissimo illustratore Federico Morzenti.
“Marino Faliero” di Donizetti, andato in scena il 20 novembre 2020, è ancora visibile on demand su Donizetti Web Tv.
Photo credits: Gianfranco Rota
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